Gli inglesi

“Gli inglesi, sembrano sempre ansiosi, preoccupati di disturbare, cerimoniosi, e controllati”… dice Jim, un dolcisimo e mite signore inglese con cui ho occasione di condividere alcune mie osservazioni durante un pranzo di gruppo a Morecambe, vicino Lancaster. Dice che gli inglesi sono sempre preoccupati di cosa gli altri pensano di loro. Il loro humor è un non prendersi mai del tutto sul serio legato a questa insicurezza. Il coordinatore locale del progetto, un ex professore universitario, estremamente elegante e distinto (gli uomini inglesi di ceto medio-alto risultano molto eleganti, anche più delle donne, per lo meno ad occhi italiani), anche nei momenti più solenni, sembrava non essere mai completamente serio… “I declare the meeting conclused!” dice alla fine, estremamente compunto, ma dalla sua faccia traspariva un qualcosa che faceva balenare improvvisamente la possibilità che tutto fosse un gioco…

Gi scozzesi sono già diversi, racconta ancora Jim, sono più opinioned, cioè se hanno una idea la dicono, senza preoccuparsi troppo delle conseguenze. Chissà, ma vedo che la collega scozzese, una signora molto intelligente, anche lei di una certa età, è molto più rilassata quando esprime le sue idee, va diretta al punto, e ha una risata di cuore, mentre i suoi colleghi inglesi spesso hanno risate un po’ nervose, come a coprire un certo imbarazzo .

L’amabilissima signora inglese, una psicanalista in pensione, che aveva accompagnato con la sua macchina me e la mia collega nel sito dove avremmo svolto il meeting, sembravaquasi la rappresentazione di questa ansia inglese.  Vestita elegantemente di colori pastello, chiara di pelle e di occhi, assolutamente english nello stile, commenta e anticipa con voce suadente ogni azione che sta per compiere: “scusate, ora mi concentrerò sulla guida perché non conosco bene la strada… ah sì, ok, è di qui… e quindi stavamo dicendo…. Ah, perdonate (l’immancabile intercalare, “sorry”…), spero che il mio inglese sia comprensibile…”.Mi vengono in mente alcuni sketch dei MontyPython. Ad un certo punto  tiro fuori la macchina fotografica per fare una foto al paesaggio, e lei subito accosta in un punto in cui il lato della strada è libero da alberi o altri ostacoli… “mi accosto un attimo, così puoi fare una foto, ecco… anche io, ogni volta che vedo un bel paesaggio cerco sempre di fotografarlo… ecco, qui mi sembra sia ok… oh sorry, stanno arrivando delle macchine, credo dobbiamo andare, non vorrei causare un incidente, eh eheh” (risatina nervosa..)…. Mi è capitato spesso di essere scarrozzato di quà o di là, ma nessuno mi aveva mai fatto una gentilezza del genere, mettendosi nei miei panni di fotografo compulsivo, quasi prevenendo un mio desiderio… In ogni caso decido di rimettere la macchina fotografica in tasca per evitare incidenti e la lascio lì.

Sicuramente la fonte di ansia della nostra amabilissima collega era legata al  compito di accompagnare due partecipanti stranieri in un posto dove non era mai stata. E questo potrebbe essere un altro tema di riflessione, ossia la differente relazione con l’imprevisto tra le società organizzate e quelle più caotiche…  Penso ai posti in Europa dove i mezzi pubblici passano ad ore prestabilite, e se tardano di due minuti il cittadino comincia a brontolare, e altri posti come Roma, dove il passaggio di un autobus è un evento del tutto casuale, vissuto più come manifestazione di un fenomeno che come evento prevedibile…

Dice sempre Jim, che a volte gli inglesi possono essere arroganti. Specie verso chi non parla inglese. Rifletto sul fatto che in fin dei conti sono sempre gli eredi di uno degli imperi che ha dominato il mondo fino a tempo relativamente recenti…

Dice anche che gli inglesi controllano estremamente le emozioni; tranne al pub. E in effetti questo è argomento di discussione tra i colleghi, non solo rispetto agli inglesi. Una collega greca, anche lei come me marinaia di progetti, racconta il suo stupore la prima volta a Cophenaghen, nel vedere le persone passare, dall’essere compunte e controllate, ad essere senza freni inibitori in poche ore, con l’aiuto di una discreta dose di alchool. Dice “se uno in Grecia perde il controllo al punto da non ricordare cosa ha fatto la sera prima, il giorno dopo si vergogna di uscire!  A Cophenaghen invece, il lunedì, era come se non fosse successo niente…”.

Cmq il giorno dopo questa avventura a Morecambe, e la conversazione con Jim, mi rendo conto improvvisamente – nell’ostello che ci ospita – che anche gli ascensori in Inghilterra commentano l’azione in corso: “la porta si sta chiudendo”; “sto salendo…”; “la porta si sta aprendo…”; ….

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